PREVIOUSLY ON LIMBO
L’eclisse ha annunciato il tempo dell’Emersione. Gli Arcon credono che consegnando al Guardiano di Mountoor, la montagna sacra, gli oggetti sacri di Seidon, il vecchio mondo tornerà e Limbo smetterà di essere una terra cangiante ed instabile. Gli Elenty, maghi immortali primordi, sanno che la verità è un’altra. L’Eclisse è la campana che segna la fine del lungo tempo di attesa dentro Limbo, un mondo virtuale costruito per conservare l’eredità dell’umanità perduta.
Solamente gli Elenty e le loro copie conservate negli oggetti sacri saranno in grado di lasciare Limbo. Gli Arcon, essendo entità digitali fittizie, non potranno in alcun modo uscire dal loro mondo.
Accanto a Misar e a Jade, la ragazza Keeper protettrice di un oggetto sacro, si sono uniti nuovi compagni di viaggio; Nicon e il giovane Tzadik, più due superstiti della Gilda, e poi Mylo e il mago Elenty Rivier. Insieme dovranno attraversare le Lande del Disordine per raggiungere la montagna sacra.
Rivier sa che Sawar, il delirante demolitore di Limbo, è ancora vivo. Dopo essere stato trafitto dalla spada di Nicon, è stato portato in salvo dalla sua compagna Davinia. Nel suo sogno infatti, Tzadik continua a vedere il suo maestro fronteggiare il malvagio mago.
Presto la nuova illustrazione di Charles Huxley.
CAPITOLO 16: Davinia
Davinia osservava il movimento delle onde cercando di decifrarne la costante, il valore attorno al quale il programma casualità riusciva a ricreare quel movimento continuo ed apparentemente diverso ad ogni riflusso. Dipanare il velo di Limbo la faceva stare meglio, o forse peggio, non sapeva neanche più lei. Quando venne a conoscenza dell’inganno dei Frame, molti cicli prima, come altri Elenty si era sentita tradita e aveva cercato di sedare questa sua rabbia disprezzando il mondo di cui era prigioniera. Rivelarne le sua falsità le dava una strana soddisfazione, ma col tempo questo stupido gioco percettivo era degenerato in una sorta di una pratica masochista. Perché la verità che si celava dietro le mille bugie di Limbo faceva sempre male.
Annoiata da quello stupido gioco, smise di contare le onde e si perse nell’orizzonte vago del mare infinito, un programma obsoleto che si basava sul vecchio gioco dello specchio riflesso. I Sewolf, le creature che li avevano ospitati presso le loro sgargianti grotte sotto le scogliere, veneravano e temevano il grande oceano. Ma lei sapeva bene che non c’era niente da temere laggiù, a parte forse i Divoratori di Rimorsi, alle porte di Mnemonia. Molte stagioni prima la torre galleggiante del suo compagno si era avvicinata alla breccia che conduceva dentro Mnemonia, ma i Veggenti avevano intimato loro di fermarsi. Sawar era un tipo risoluto ma non avventato. Lasciò quei luoghi fuori dal tempo, al largo dell’oceano, e decise di non farvi più ritorno. In effetti non c’era nulla laggiù che potesse interessargli.
Il settimo margine stava per terminare. Erano passati tre giorni dalla battaglia sulle pianure del vespro, e dall’eclisse che aveva annunciato l’Emersione. La ferita di Sawar aveva smesso di sanguinare, ma l’Elenty era debole e non ancora cosciente. I Sewolf li avevano accolti con freddezza, ma non avevano rifiutato loro un aiuto che sarebbe risultato fondamentale. Le loro caverne, disseminate di ogni sorta di cristalli, formavano spettacolari volte multicolori. Non erano dei semplici LAS, programmi struttura. Quei luoghi avevano il potere di rigenerare i programmi vita, ricostruendo pezzo per pezzo, dato per dato, le entità digitali. Il corpo di Sawar era stato adagiato su di un letto di quarzi rosati, che pulsavano come se fossero vivi. I Sewolf conoscevano lo stregone e la sua compagna, sapevano il male che avevano causato, eppure li avevano condotti senza esitazione attraverso i tunnel segreti della loro città sotterranea, fino al cuore di roccia di quel luogo incantato. Per quale motivo avevano fatto tutto ciò? La domanda assillava Davinia. L’immortalità l’aveva resa impassibile alle emozioni, ma gli eventi degli ultimi giorni l’avevano fatta sentire come non si era sentita da molto tempo. Era come se si fosse riappropriata di una parte della sua umanità perduta.
Lussuria, ricerca sfrenata del piacere, curiosità, sfida, caos, quelli erano stati i suoi interessi per un tempo tremendamente lungo. Anche l’amore sincero che provava per il suo compagno era degenerato in un gioco di perversioni, falso quanto il mondo di cui entrambi erano prigionieri. Ma forse il loro inappagamento non aveva niente a che fare con Limbo… avvertì una sensazione di vuoto, di paura. La visione di quell’orizzonte cangiante le aveva fatto venire la nausea.
Sarebbe rientrata per vedere come stava. Non era ancora riuscita a riconnettersi con lui. L’aveva cercato nella stanze nelle quali amavano entrambi perdersi durante i loro giochi erotici, sfuggenti intercapedini della struttura di Limbo. Lui non c’era. La lama di Nicon aveva colpito in profondità, tranciando la maggior parte dei codici vitali che permettevano la sopravvivenza di un’entità digitale. Sawar viveva ancora in frammenti, ma al momento non si trovava in alcun luogo, altrimenti lei sarebbe riuscita a trovarlo.
Volse le spalle al mare e si diresse verso l’entrata delle caverne. In quel momento una figura massiccia, vagamente umanoide e ricoperta da una folta pelliccia dai riflessi bluastri, le venne incontro. Si chiamava Gur-Nath ed era il capo della comunità di Sewolf che avevano offerto loro aiuto. Portava una grossa spada al fianco, forgiata da lui stesso. Era risaputo che quelle creature fossero degli esperti fabbri e costruissero armi bellissime e micidiali.
«Ancora nessun segno?» domandò lei, alludendo al suo compagno. Lui la guardò dall’alto verso il basso, con fierezza, nonostante riconoscesse il potere che albergava dentro la donna Elenty.
«No, e non credo che ve ne saranno nei prossimi giorni» rispose lui con voce asciutta.
«Che vuoi dire, pelle blu?» Era un modo dispregiativo per rivolgersi ai Sewolf. Nonostante il tumulto emozionale di cui era vittima, Davinia sentiva il bisogno di continuare ad interpretare il suo ruolo di incantatrice senza pietà.
«I cristalli hanno bisogno del loro tempo e la rigenerazione non avviene in maniera costante. Inoltre l’uomo, oltre ad essere gravemente ferito, è anche un mago molto potente.»
«E questo cosa significa?»
«I cristalli lavorano ancora più lentamente con i soggetti più anziani, e il vostro compagno sembra aver vissuto una vita ben più lunga del normale.»
Ma certo, che stupida, pensò Davinia. Lei era forse l’Elenty che meglio conosceva il sistema con cui era stato edificato Limbo. Aveva lavorato per tre anni nella rete di Hope, l’associazione che aveva sviluppato il progetto. L’Arcon dalla pelliccia blu non avrebbe mai capito, ma esisteva una ragione ben precisa per la quale le creature più vecchie avevano bisogno di più tempo per rigenerarsi. Ogni essere vivente di Limbo non era altro che un programma, definito da una catena più o meno lunga di impulsi. Nel sistema questa sorta di equazione andava a riempire i dischi di memoria-vita. Le esperienze di vita allungavano questa catena, appesantendo il programma. La quantità di informazioni digitali che rappresentava Sawar, con tutte le sue conoscenze e le esperienze accumulate durante i dodici cicli di permanenza in Limbo, doveva occupare una larga porzione di quei dischi. I cristalli lavoravano sull’intero programma vivente, per questo necessitavano di molto più tempo del normale per riuscire a ripristinare gli impulsi tranciati.
«Passerò ugualmente a vederlo…» disse lei, dirigendosi verso le grotte. Gur-Nath rimase immobile ad osservare il mare.
«Lo ami, vero?» chiese.
Davinia si sentì avvampare. Si fermò voltandosi, pronta a colpire l’Arcon alle spalle e a punirlo per la sua sfacciataggine. Invece rimase aggrappata a quella domanda.
«Non sono affari tua…» rispose. Tornò sui suoi passi e scomparve tra le ombre delle caverne.
Le onde continuavano a ritirarsi seguendo un ritmo preciso, falsamente casuale. Un tuono brontolò lontano e una musica d’archi lo seguì da presso. Gur-Nath sorrise e ascoltò estasiato quel nuovo canto di Limbo, mentre il settimo margine sfumava nella notte.
[…] Davinia osservava il movimento delle onde cercando di decifrarne la costante, il valore attorno al quale il programma casualità riusciva a ricreare quel movimento continuo ed apparentemente diverso ad ogni riflusso. Dipanare il velo di Limbo la faceva stare meglio, o forse peggio, non sapeva neanche più lei. Quando venne a conoscenza dell’inganno dei Frame, molti cicli prima, come altri Elenty si era sentita tradita e aveva cercato di sedare questa sua rabbia disprezzando il mondo di cui era prigioniera. Rivelarne le sua falsità le dava una strana soddisfazione, ma col tempo questo stupido gioco percettivo era degenerato in una sorta di una pratica masochista. Perché la verità che si celava dietro le mille bugie di Limbo faceva sempre male… continua… […]
[…] Davinia osservava il movimento delle onde cercando di decifrarne la costante, il valore attorno al quale il programma casualità riusciva a ricreare quel movimento continuo ed apparentemente diverso ad ogni riflusso. Dipanare il velo di Limbo la faceva stare meglio, o forse peggio, non sapeva neanche più lei. Quando venne a conoscenza dell’inganno dei Frame, molti cicli prima, come altri Elenty si era sentita tradita e aveva cercato di sedare questa sua rabbia disprezzando il mondo di cui era prigioniera. Rivelarne le sua falsità le dava una strana soddisfazione, ma col tempo questo stupido gioco percettivo era degenerato in una sorta di una pratica masochista. Perché la verità che si celava dietro le mille bugie di Limbo faceva sempre male… continua… […]